Omicidio Basile: medico legale, non c'è prova su numero autori
Martedì 18 Ottobre 2011 18:35 Antonio Romano
LECCE – Non c'è
prova che ad uccidere Peppino Basile, l'ex consigliere provinciale di
Idv di Lecce assassinato a Ugento (Le) tra il 14 e 15 giugno 2008, sia
stato un'unica persona ma neppure che gli aggressori fossero due.
La deposizione del
medico legale Alberto Tortorella, effettuata questa mattina davanti
alla Corte d'assise di Lecce, al cui cospetto si svolge il processo
all'agricoltore 67enne Vittorio Colitti Senior, non ha introdotto
elementi di sostanziale novita' nella ricostruzione dell'omicidio. Il
perito, che il 16 giugno 2008 effettuò l'autopsia sulla salma, ha
ripercorso a grandi linee i punti salienti della relazione consegnata al
pm Giovanni De Palma e ha poi risposto ad alcuni quesiti posti
dall'avvocato dell'imputato, Francesca Conte. Tortorella ha chiarito
come sul corpo di Basile siano stati riscontrati tre gruppi di ferite:
il primo sulla spalla sinistra con tagli superficiali, il secondo nella
zona medio-toracica, il terzo sotto l'ascella. Le ferite inferte al
torace con un coltello, che hanno raggiunto il cuore, sono state quelle
che hanno causato la morte, sopraggiunta nel giro di pochi minuti.
Le altre, invece,
sono state meno profonde e, probabilmente, inferte mentre il politico
cercava di difendersi. L'esame del cadavere, ha chiarito ancora il
medico, ha appurato che Basile è stato afferrato e strattonato durante
l'aggressione, ma non è stato possibile stabilire in che momento ciò sia
avvenuto. Nè è stato possibile verificare se le ferite siano state
inferte da una sola mano o da più persone. Secondo la Procura di Lecce,
responsabili del delitto sarebbero Vittorio Colitti e il nipote omonimo
(minorenne all'epoca dei fatti), che a dicembre è stato assolto dal
Tribunale dei minori e per il quale, in primavera, si aprirà il processo
d'appello. La difesa di Colitti senior, dal canto suo, ha puntato sulle
precarie condizioni di salute dell'uomo (al quale, il 13 ottobre, sono
stati revocati i domiciliari su richiesta della stessa Procura), per
dimostrare - nel prosieguo del processo - che era anche fisicamente
incapace di commettere il delitto. Nell'udienza di oggi sono stati
ascoltati anche il carabiniere della Centrale operativa che rispose alla
telefonata di richiesta di aiuto, Silvio Fersini, amico di Basile con
il quale il consigliere si era intrattenuto prima di essere ucciso, e
una vicina di casa dei Basile.
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